In questo nuovo 120secondi parliamo del concetto di resilienza come competenza per il nuovo futuro. Resilienza è tutt’altro che una parola nuova ma la pandemia ha ricordato quanto sia essenziale per il singolo e per i sistemi organizzativi.
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Resilienza: una parola pass-partout
La resilienza è una parola pass-partout, capace di funzionare in molteplici ambiti: dall’ingegneria, all’economia, fino alla psicologia e alla politica.
Il Garzanti recita:
resilienza [re-si-lièn-za] n.f.
1. (fis.) proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi, rappresentata dal rapporto tra il lavoro necessario per rompere una barretta di un materiale e la sezione della barretta stessa;
2. capacità di resistere e di reagire di fronte a difficoltà, avversità, eventi negativi.
Il termine resilienza deriva dalle scienze dei materiali e identifica la proprietà elastica di assorbire l’energia degli urti senza spezzarsi. È la capacità del materiale di riprendere la sua forma originaria.
La psicologia arricchisce il tema definendo la capacità del singolo di prevenire, fronteggiare e superare un trauma o, più in generale, una situazione negativa. Non è una predisposizione di cui le persone sono dotate, ma piuttosto una competenza che è possibile acquisire o rafforzare attraverso la cura delle relazioni e lo sviluppo di risorse individuali positive come, ad esempio, l’ottimismo, l’autostima, l’auto-efficacia.
Anche il contesto organizzativo si appropria del termine per descrivere un’azienda capace di prevenire, assorbire e sviluppare risposte specifiche alla crisi. Qui intervengono sia competenze dei singoli che processi, strutture e strategie messe in atto dalla macchina aziendale.
La pandemia è terreno di resilienza
La pandemia di Covid-19 si è rivelata una crisi globale senza precedenti che ha colpito i singoli individui compromettendo a cascata interi sistemi. L’assoluta imprevedibilità del pericolo che si è evoluto in modo estremamente repentino ha comportato reazioni di emergenza di cui non si aveva precedente esperienza.
Il lock down ha costretto a ridisegnare e convertire modalità e processi di lavoro in un contesto di totale incertezza sul futuro. Lo switch al remote working, con le criticità emerse sia per i singoli che per le organizzazioni, ne è l’esempio più esplicito.
Quindi, l’esperienza del 2020 è stata terreno di sopravvivenza e forse proprio in questo senso è banco di prova di azioni resilienti. In che modo si può quindi agire con resilienza?
Da un lato, riprendendo la definizione ingegneristica di resilienza, si può agire in un’ottica di “rimbalzo”, dove le azioni di cambiamento hanno lo scopo di ripristinare la condizione di partenza (quindi pre-pandemica). Pertanto, l’attenzione delle aziende è generalmente posta sulle strategie di coping, ovvero sulla capacità dell’impresa di riprendere i livelli di performance nel minor tempo possibile.
L’approccio alternativo invece non punta al “ripristino” ma ad una vera e propria “fioritura”. Resilienza implica, in questo caso, una trasformazione in cui risorse e capacità sono impiegate sì per emergere da una situazione di difficoltà (vedi l’inizio della crisi) ma soprattutto per superare una condizione precedente grazie a nuove competenze ed esperienze (la crescita che siamo chiamati a sostenere in questo momento).
In questo senso è essenziale ragionare in termini di opportunità per analizzare i gap emersi nella gestione della crisi. I passaggi verso la digitalizzazione, l’implementazione di sistemi di cyber security, la formazione di competenze soft verso tutti gli attori, sono secondo noi mosse in linea con una visione di resilienza che porterà al cosiddetto new normal, una condizione totalmente nuova, altrettanto piena di sfide ma anche di crescita e soddisfazione.